26.1 Rifugio Telegrafo - GrEsGa

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26.1 Rifugio Telegrafo

Diario di Bordo > 2012
Baldo
Novezza/Cima Telegrafo
26/01/2012
Stamane il casuale lancio della monetina ci riporta sulla vicina catena montebaldina, e precisamente al Caval di Novezza, dove lasciata l’auto nell’ampio parcheggio a lato della carrozzabile Graziani (1390m) e proseguendo da lì lungo la stessa, poco più a nord perveniamo al vicino confine regionale Veneto/Trentino (1652m, 30min). Lasciato qui il nastro d’asfalto, alla nostra sinistra risaliamo su per lo storico sentiero Bovi, dove traversando nella macchia dei mughi più in alto intercettiamo il segnavia n°66 (1700m, 35min), un’ennesima via che alla nostra destra risale ancor più tosta verso le cime del Baldo. Issandoci a questo punto sul sperone roccioso della Cornetta e proseguendo poi con pendenza più lieve lungo la propaggine che risale alla Forcella di val Fontanella (2110m, ore1:10), intercettato lì il lungo sentiero della dorsale (segnavia 651) e transitando a sud sotto punta Pettorina e cima Telegrafo, ecco che risalito il ripido sentierino alla nostra destra, infine al di là del crinale giungiamo al rif. Telegrafo (2147m, ore1), la nostra meta. Ben riparati dalla gelida tramontana e approfittando delle comode panche poste sulla terrazza d’ingresso, benché il rifugio sia chiuso non possiamo far a meno di gustarci il nostro panino e l’incantevole panorama sul Garda, che anche se più volte già visto, non finisce mai di stupire.
Dopo la sosta non resta che ricalcare a ritroso un breve tratto del sentiero 651 fino a deviare alla nostra destra sul sentiero bovi n°652, che ricalcando stavolta integralmente in discesa verso nord, tra mughi e radici affioranti alla fine ci riporta direttamente al nostro punto di partenza (ore1:30).
Dislivello assoluto 757 m.
Tempo di percorrenza ore 4:45.
Lunghezza 10 Km.

                                         

Curiosità:

Valanghe sul M.Baldo

Per il Baldo è un classico la caduta della “slensa” nei canaloni del versante orientale, sopra la strada Graziani, che un tempo isolavano le frazioni alte di Ferrara di Monte Baldo per mesi; ma è stata la tragedia del 13 dicembre 1916 la catastrofe nevosa del Baldo. Otto soldati morti allo Stallone del Cavallo di Novezza, decine i muli, dentro baracche di legno dal tetto di lamiera, travolti dalla frana di neve e rocce da Cima Valdritta (2218). Fortuna che il giorno prima un sergente maggiore di Montecchio Emilia, Ercole Denti, aveva molto insistito col comando per far scendere a Ferrara la compagnia di 150 uomini del 182° battaglione Milizia territoriale. Rimasero su una ventina fra telegrafisti e ufficiali. Il crollo avvenne col buio, alle 18. «Fu un urlo rombante», raccontò uno dei sopravvissuti, l’avvocato Vittore De Luca, «che diventò come una cannonata, urla e gemiti. Noi nello Stalòn ci salvammo, in parte, perché aveva i muri di pietra».                   

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