07/05 Val Borago
Diario di Bordo > 2021
Verona
Val Borago
07-05-2021
Nulla è più duro d’una pietra e nulla più molle dell’acqua. Eppure la molle acqua scava la dura pietra.
(Ovidio)
Come a voler confermare l’intuizione del sommo poeta, in quel di Avesa (145m) ci infiliamo nella selvaggia Val Borago, un profondo canyon scavato nella roccia dall’incessante scorrere dell’omonimo progno, un’affascinante e primordiale ambiente naturale che non ti aspetteresti di trovare proprio qui, alle porte di Verona.
Tralasciando il ponte che al di là del torrente si collega con quel che sarà poi il nostro rientro, dritti lungo la via asfaltata proseguiamo tra coltivi d’olivo e piccoli appezzamenti di vitigno fin a varcare la soglia d’accesso alla profonda forra della Val Borago. All’ombra delle aggettanti pareti e dell’intricata vegetazione non resta che seguire il segnavia del sentiero E5, un lungo cammino tra ciottoli e pietre dove si ha la sensazione d’avventurarsi sempre più in una dimensione primigenia, un’atmosfera misteriosa che trasmette tranquillità e stuzzica la curiosità, e dove l’odore del muschio, il gorgoglio dell’acqua e gli oscuri covoli fan ben presto dimenticare il caotico via vai della vicina città. Senza mai perdere di vista i segnali bianco/rossi e cercando ad ogni passo ben misurato di individuare qualche fossile imprigionato tra le rocce, con la palpabile sensazione di essere continuamente osservati dal timoroso sguardo di qualche animale ben nascosto, ecco che più avanti la pista termina al cospetto di un’insuperabile gradone roccioso (ore1:10), una sorta d’anfiteatro naturale dall’eco eccezionale che sembra voler dar voce all’intera valle. A questo punto l’unica via d’uscita è quella di issarci su per l’erta scala metallica che alla nostra sinistra risale fin al secondo livello della forra, un più breve ma altrettanto suggestivo sentiero stretto tra le rocce che più avanti fuoriesce sulla destra dell’ombroso anfratto e porta tra i solari prati e gli orti che anticipano il nostro arrivo nel solare borgo di Montecchio (495m, ore1).
Una ciacola tira l’altra e ben presto arriva il momento di tornare al bivio incontrato all’entrata del paese, dove sull’indicazione del segnavia 262 stavolta ci infiliamo nella viuzza che stretta tra le case esce a ovest, un breve tratto d’asfalto che ben presto lascia il posto al più rustico viottolo acciottolato, e che passando per le vasche dell’antico lavatoio prosegue poi a sud fin ai dossi prativi della bella contrada “Il Masetto”, un’incantevole casale ben ristrutturato dove oltre la Valpolicella la vista si spinge fin alle azzurre acque del nostro lago. Direttamente per strada a sinistra perveniamo alla vicina contrada “Il Maso”, altro antico casale con tanto di chiesetta ma non ancora restaurato, dove proseguendo lungo un caratteristico viale di cipressi, alternando tratti d’asfalto ad altri di sterrato nel frattempo perveniamo al maneggio che si trova alla sella del Monte Cossa, altro bivio dove calando a sinistra lungo la dorsale che qui separa la val di Quinzano da quella di Avesa, ed ecco che con la città ben in vista laggiù in pianura si conclude la nostra avventura (ore1:50).
Dislivello assoluto 350m.
Tempo di cammino ore 4.
Lunghezza tragitto Km.14