1-2 Agosto Adamello
Rif. Lobbia Alta-Cresta Croce- Rif. Mandrone
Finalmente è arrivato l’appuntamento annuale per la due giorni tra i monti, quest’anno i partecipanti della spedizione sono: Pietro, Gianpietro e Aurelio. Una volta pagato il tiket di ingresso alla val di Genova ( Pinzolo) e averla percorsa per tutta la sua lunghezza ( 15 Km) parcheggiamo l’auto nell’ultimo parcheggio utile per raggiungere il rif. Collini al Bedole.
Prima Parte ( domenica 01 agosto 2010)
Partendo dal parcheggio di m.ga Bedole ( 1584 m) proseguiamo lungo la strada sterrata raggiungendo il rif. Collini ( 1614 m, 20 min.), ora attraversato il ponte sulla nostra sinistra, seguiamo le indicazioni del sentiero n°241 transitiamo nei pressi della postazione a valle della teleferica rif. Mandrone ( 15 min.) dove ha inizio il sentiero del Matarot. Attraversato un pascolo in mezzo alla valle in breve giungiamo alla malga Matarot bassa ( 1790 m), da qui si intravede già il salto roccioso e la fragorosa cascata che scende dal ghiacciaio della Lobbia. Proseguiamo in direzione delle cascate su un sentiero che diventa via, via sempre più ostico, fino a giungere ai piedi del grandioso salto roccioso (circa 2070m, 55 min.), sulla destra della cascata stessa inizia la via attrezzata con cavo metallico, utile per agevolare la progressione più che per la sicurezza. Risaliamo l’irta parete su delle placche granitiche levigate dal ghiaccio, e seguendo le frequenti indicazioni bianco-rosse del CAI guadagnando faticosamente il gradone roccioso che sovrasta la vedretta della Lobbia, e qui termina la parte attrezzata del percorso (circa 2850 m, ore 2 e 50 min.). Ora la salita è meno impegnativa, e sempre seguendo le indicazioni bianco-rosse e i frequenti ometti di sassi, rimaniamo alti sulla destra della vedretta della Lobbia, fino a giungere, dopo essere brevemente digradati sul ghiacciaio stesso, al Passo della Lobbia Alta ( 3030 m) dove c’è una casetta in legno, e dopo poche decine di metri arriviamo al vicino rifugio dei Caduti dell’Adamello, dove ammaliati dal stupendo panorama del ghiaccio e delle sue cime, ci gustiamo una meritata fresca birra. ( 3040 m, ore 1 e 20 min.).
Dislivello max. 1454 m
Tempo totale di percorrenza ore 5 e 40 min.
Seconda parte ( lunedi 2 agosto 2010)
Dopo l’alzataccia mattutina ( alle cinque e un quarto per la cronaca) e indossati i tanto amati zaini, ridiscendiamo al passo della Lobbia ( 3030 m) per valicare a sud sulla vedretta omonima, indossati i ramponi ci apprestiamo a risalire, aiutati da alcune corde di cortesia, il versante sud-est della Cresta Croce. Seguendo le indicazioni forniteci dal gestore del rifugio, raggiungiamo con rigorosa attenzione la sommità della Punta Giovanni Paolo Secondo, è una via di 1° grado alpinistico con poche, se non nulle, indicazioni, si tratta di un ammasso di sfasciumi morenici alquanto instabili, sulla cima ci attende la grande croce in granito ( 3307 m, ore 1 e 30 min.), posta a ricordo della visita del Santo Padre in occasione del Giubileo 2000. Da qui proseguendo sul fil di cresta, sempre con la massima cautela e in alcuni punti facendo uso della corda per assicurarsi, arriviamo al famoso Cannone “149 G” sopranominato per le sue dimensioni Ippopotamo. Dopo le foto di rito ridiscendiamo, seguendo le incerte e rare indicazioni lungo le propaggini nord del Cresta Croce, fino al Passo del Dosson ( 3290 m), e da qui sul ghiacciaio del Mandrone ( ore 1,45 min.). A questo punto indossati di nuovo i ramponi ed esserci legati in cordata, iniziamo a camminare sul ghiacciaio marciando lungo il suo margine meridionale e in direzione est, ritornando così sotto il rif. Caduti dell’Adamello, poi rimanendo bassi sulla superficie del ghiacciaio, proseguiamo verso est lungo la lingua della vedretta del Mandrone, e giunti a delle placche rocciose sul margine destro della vedretta stessa, l’attraversiamo per tutta la sua larghezza in direzione nord, giungendo così alla dirimpettaia forcelletta ( 2881 m, ore 1 e 20 min.) dove sono ben visibili le tabelle del CAI. Tolti i ramponi e riposto la piccozza nel zaino, imbocchiamo il segnavia n°236 che dapprima si svolge su un scomodo saliscendi tra lastre di granito, per poi trasformarsi in un agevole sentiero sterrato quasi in piano tra i caratteristici laghetti del Mandrone, fino a raggiungere il rif. Città di Trento ( 2449 m, ore 1). Dopo esserci rifocillati e risistemato un po’ lo zaino, riprendiamo il nostro cammino sul sentiero n°212 sopraggiungendo dopo poche centinaia di metri al centro glaciologico, intitolato all’ufficiale austriaco “ Julius Payer” che fu uno dei primi scalatori di questa montagna. Dopo una breve visita al suo interno, riprendiamo la discesa lungo il tortuoso e ripido sentiero transitando in un punto panoramico dotato di panchina “ Mezza via” ( 2100 m, 45 min.) e digradando lungo i numerosi tornanti arriviamo al rifugio Collini ( 35 min.) e da qui, percorrendo a ritroso la strada sterrata fatta il giorno prima, giungiamo al sospirato parcheggio ( 20 min.).
Dislivello max. in salita 277 m. e in discesa 865 m.
Tempo totale di percorrenza ore 5 e 15 min.
Note
Oltre al tradizionale materiale per escursioni è necessario munirsi di piccozza, ramponi, corda, imbracatura, casco e materiale per assicurarsi, occhiali da sole ad alta protezione, abbigliamento idoneo al freddo d’alta quota.
Il sentiero del Mattarot è molto impegnativo sotto l’aspetto fisico, però non richiede l’utilizzo dell’imbracatura, per la parte attrezzata.
La via di salita al Cresta Croce da noi scelta si è dimostrata ostica già all’inizio, poiché per agguantare la corda di cortesia predisposta, bisogna arrampicare per qualche metro sfruttando i soli appigli offerti dalle rocce, e poi anche nel passaggio tra la Punta Giovanni Paolo Secondo e la postazione del cannone, si passa attraverso un, poco evidente, anfratto formatosi casualmente dall’accatastamento di due placche rocciose. Comunque l’aspetto che incute più timore è l’instabilità di questo ammassamento di rocce moreniche, che probabilmente è meno preoccupante nel periodo post invernale quando il ghiaccio e la neve fungono da agglomerante.
L’attraversamento del ghiacciaio della Lobbia non ha presentato particolari difficoltà, però l’insidia del crepaccio è sempre presente, e i corpi nuvolosi che avanzavano minacciosi da ovest ci hanno indotto ad accelerare il passo, in modo da uscirne prima possibile.
Curiosità
Papa Giovanni Paolo secondo ha spesso sentito parlare dell’Adamello dal padre, il quale aveva combattuto per l’esercito austriaco nella guerra del 15/18 e qui sull’Adamello molti polacchi di Cracovia sono morti. Durante il suo soggiorno da sciatore al rifugio dei Caduti dell’Adamello, il Santo Padre aveva già adocchiato la piccola croce in legno che stava sulla cima del Cresta Croce, poi il Papa ritornò sull’Adamello per un’Omelia il 16 luglio 1988. Da allora nacque il desiderio di dedicare una cima al Santo Padre, e si concretizzò nell’occasione dell’anno Giubilare del 2000, con la posa della grande croce in granito ricavata da un’unica lastra, e inaugurata da Papa Giovanni Paolo secondo, attraverso un collegamento video S.Pietro-Adamello, la sera del 31 Dicembre 1999 dopo il Te Deum di fine anno secolo.
Il cannone 149 G, posizionato sul Cresta Croce a quota 3276 m, è stato fuso nell’arsenale di Torino nel 1896, e molto probabilmente è stato usato nella guerra di Libia del 1911-1912. Il grosso cannone dal peso di 60 quintali, partì da Temù ( Valle Camonica) il 9 febbraio del 1916, e raggiunse trainato sulle sue ruote , il fondovalle. Lì venne smontato nei componenti principali che vennero caricati su grandi slitte. Durante il trasporto, che avveniva prevalentemente di notte o con la nebbia, venne per due volte travolto dalle valanghe e in tali circostanze perirono una quarantina di soldati addetti al traino. Il 17 aprile giunse al rif. Garibaldi e dopo solo dieci giorni era pronto a sparare nella sua piazzola a Passo Veneroccolo a 3236 m di quota. Nella notte del 6 giugno 1917, oltre 300 alpini e artiglieri lo trasportarono nella sua posizione definitiva di Cresta Croce. Da qui contribuì notevolmente a tutte le battaglie del fronte dei ghiacciai. Oggi il vecchio cannone è ancora puntato verso la cima di Cavento, severo testimone di tante sofferenze.
Fotografie:
GPS: