24.3 Casto - GrEsGa

Vai ai contenuti

Menu principale:

Vie ferrate > 2011

24.03  Periplo delle Ferrate di CASTO


Percorrendo la SS 237 della Valle Sabbia in direzione di Idro, giungiamo a Nozza, dove deviando a sinistra, proseguiamo per Casto, qui attraversato l’abitato e seguendo le chiare indicazioni per la via ferrata, continuiamo in direzione della frazione di Alone fino all’ampio parcheggio di “Corna Zana”.
Proprio dal parcheggio ha inizio la ferrata
n°1, risaliti i pochi metri di parete non attrezzata che ci separano dal cavo d’acciaio, facendo presa su alcuni pioli metallici e appigli naturali, progrediamo lungo un paio d’impegnativi traversi collegati da una verticale, giungendo così a uno spigolo, una volta aggirato si risale un’ennesima verticale, da qui superando in sequenza un paio di traversi e un ultimo spigolo, terminiamo la prima ferrata (25 min.). Ora, percorsi pochi metri di sentiero, arriviamo all’imbocco della ferrata n°2, in questa seconda frazione del nostro percorso, a parte alcuni tratti di roccia bagnata, dove era facile scivolare, non abbiamo riscontrato particolari difficoltà di progressione, e abbiamo finito il tratto attrezzato in soli (10 min.).
Seguendo le chiare indicazioni, proseguendo lungo il sentiero che porta al rifugio Paradiso, troviamo l’accesso alla ferrata
n°3. Dopo uno zig-zag di due diagonali, prima a destra e poi a sinistra, passando sotto lo sguardo vigile della madonnina, arriviamo all’attacco della prima verticale, all’uscita della quale proseguiamo su un lungo traverso fino a uno spigolo. La via segue poi un tracciato decisamente verticale fino a un secondo e più impegnativo spigolo, inerpicandoci ora in verticale su della liscia roccia, e progredendo su alcune roccette terminiamo la terza via ferrata  ( 40 min.).
Dopo pochi minuti di sosta, attacchiamo subito la vicina ferrata
n°4.Fin da subito si scorge il carattere ostico  di questo tratto di ferrata, infatti, ci si inerpica su una strapiombante verticale, dove anche il leggero zaino caricato sulle spalle tende a sbilanciarci verso l’esterno, poi la verticalità del tracciato è agevolata da alcune diagonali che proseguono sulla placca rocciosa fino a portarci a degli insidiosi spuntoni.  Una volta superati, senza non poche difficoltà, guadagniamo la sospirata meta finale della via ferrata ( 20 min.).
Qui, dopo un breve “briefing” decidiamo di concludere, per oggi, la nostra giornata d’arrampicata, e seguendo il comodo sentiero per il rientro, in pochi minuti passiamo nei pressi di un bel casale, in località Luina ( 590 m, 10 min.), dove ci concediamo la meritata sosta ristoratrice e ci deliziamo la vista con dei bellissimi fiori primaverili. Dopo la pausa riprendiamo la discesa fino al parcheggio (15 min.). Giunti all’auto, invece di togliere l’imbracatura, pensiamo bene di cimentarci sull’invitante ponte “Tibetano” che ciondola sopra le nostre teste, e … detto fatto, in men che non si dica, fatti quattro passi sul sentiero di accesso alla ferrata n°12, raggiungiamo l’imbocco del ponte stesso, e in pochi minuti percorriamo la trentina di traballanti metri che ci separano dalla fine della nostra eccitante giornata.

Tempo totale di percorrenza ore 2.

Note.

Naturalmente l’esperienza di oggi ha richiesto obbligatoriamente l’uso del Kit da ferrata, caschetto e guanti, inoltre è opportuno indossare un paio di scarponcini con suola in Vibram efficiente, e se proprio non si può farne a meno, uno zaino il più leggero e meno ingombrante possibile. Se la ferrata n°2 è stata quella più semplice della serie, le altre tre si sono rivelate veramente impegnative, sia per la forte esposizione di alcuni passaggi che per la scarsità di appigli, e inoltre per buona parte della progressione si deve lavorare di braccia, mettendo a dura prova bicipiti, tricipiti e …. quant’altro. Comunque per una descrizione più approfondita e precisa vi consigliamo di consultare il sito “
www. vieferrate.it ” poiché non bisogna lasciarsi ingannare dalla quota collinare della zona e la brevità delle ferrate, il grado di difficoltà è tutt’altro che facile!!

 
Curiosità

Casto si sviluppò presumibilmente come agglomerato di fucine e di case per coloro che si dedicavano alla lavorazione del ferro. Il nome trova origine da Casticus, cioè castagno, oppure Castrum, accampamento Romano. Posto alla confluenza di due torrenti che discendono da Alone e Comero, vi si stabilirono delle officine siderurgiche. Nel 1600 si contavano 35 officine per la lavorazione del ferro concentratea Casto e sul torrente della Valle Alone. Alone fu vivace centro di produzione delle chioderie; Comero e le altre frazioni ebbero sempre una vita economica e culturale particolarmente fiorente e Malpaga fu sempre nota per i sui magli. Oggi Casto è uno dei poli industriali della Valle Sabbia. La tradizionale lavorazione dei metalli trova ora la più significativa espressione in fonderie per materiali ferrosi e non ferrosi.


Fotografie:



 
 
Torna ai contenuti | Torna al menu