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21.9 Lago Erdemolo
Dal casello autostradale di Trento nord seguiamo le indicazione per Padova e la Val Sugana, giunti a Pergine abbandoniamo l'ampia vallata per imboccare la trasversale val dei Mochèni e risalire così fino all'abitato di Frottèn nel comune di Palù del Fersina (1530 m).
In questa fosca e umida giornata del primo giorno d’autunno al parcheggio siamo accolti da un simpatico pastore tedesco, che intuendo le nostre intenzioni, ci precede lungo il sentiero n°325 che dirige verso sud per il lago Erdemolo. Inizialmente lungo la strada asfaltata, che da lì a poco abbandoniamo per seguire il sentiero sterrato, passando accanto ad un vecchio baito, giungiamo ad un primo ponticello sul spumeggiante torrente, e tralasciando le indicazioni per la vecchia miniera, ne attraversiamo subito dopo un secondo fino a raggiungere la bella radura di malga Erdemolo. Qui risaliamo sui setosi prati della malga, che ben presto lasciano il posto ad un acciottolato e ripido sentiero che s’addentra nel bosco sempre con direzione sud. Nell’umido sottobosco, ricco di felci e di massi porfirici ammantati da licheni, incontriamo un secondo cane che da qui in poi, dando il cambio al primo accompagnatore, diviene il nostro nuovo capocordata. Issandoci su per balze rocciose che si fanno via via sempre più ripide, giungiamo alle spalle del rifugio Erdemolo e all’omonimo lago, che a malapena emerge dalla misteriosa foschia (2000 m, ore 1 e 20 min.). Dopo una breve sosta sulle rive del scarno specchio d'acqua, sorgente del torrente Fèrsina, imbocchiamo il segnavia n°324 che ritorna in direzione nord/est per il rifugio Sette Selle. Il tracciato del nuovo sentiero corre a metà costa del pendio occidentale che volge sempre sulla val del Fersina, ma più alto rispetto al precedente che ci ha condotto al lago. Lungo l'esile e dirupato tracciato, d'improvviso un vecchio e cornuto caprone ci sbarra la via, ma dopo una breve schermaglia con il nostro fido accompagnatore, senza troppa fatica riusciamo a oltrepassare il minaccioso ostacolo, e così come i famosi “Suonatori di Brema” ci ritroviamo a marciare in fila indiana, noi quattro e i due simpatici quadrupedi al seguito. Inizialmente il sentiero corre pressoché in piano per poi calare di quota fino a incrociare nuovamente le indicazioni per la vecchia miniera, la ignoriamo, e proseguendo sul nostro sentiero raggiungiamo la località di Intertol “valle interna” (1863 m, ore 1 e 15 min.), qui tralasciato il sentiero che scende a valle imbocchiamo il n°324 che risale al rifugio Sette Selle (2014 m, 15 min.). All’accogliente rifugio troviamo una nutrita compagnia di visitatori, ne approfittiamo per consumare il nostro fugale spuntino e scambiare quattro chiacchiere con i simpatici gestori e il gentilissimo e disponibile guardiaboschi.
Per il ritorno caliamo nuovamente giù a valle, però al sottostante bivio tralasciamo il segnavia 324, e proseguendo sul n°343 che corre nel folto bosco, giungiamo prima al crocevia della Croce di Laner (1860 m, 20 min.), proseguendo poi la discesa sul sentiero passiamo per i storici baiti del Laner (1757 m, 20 min.) per concludere infine al nostro parcheggio di partenza ( 30 min.).
Dislivello max. in salita m.
Tempo totale di percorrenza 4 ore.
Lunghezza escursione 11 KM.
NOTE
Il periplo da noi effettuato è di facile esecuzione e non abbiamo trovato pericoli di alcuna sorta, a parte il simpatico incontro con il caprone….Peccato per la giornata nebbiosa, per la quale abbiamo rinunciato a percorrere l’altavia alpinistica che collega il lago Erdemolo con il rifugio Sette Selle, ma il tragitto non per questo è stato meno interessante.
Curiosità
I vecchi baiti in località Laner sono costruiti secondo la tecnica denominata “Blockbau” la quale ha origini antichissime,addirittura nella preistoria, ed è diffuso ancora oggi in vaste aree geografiche che vanno dall’America del Nord all’Europa centrosettentrionale, dalla Scandinavia all’arco Alpino, fino ai Balcani. É un tipo di costruzione massiccio nel quale le travi vengono sovrapposte orizzontalmente per formare le pareti. Negli angoli vengono intagliate ed incastrate l'una con l'altra. Esistono varie forme e tecniche esecutive di incastri ad angolo nelle diverse aree geografiche. L’incastro ad angolo più semplice e primitivo, che risale all’età del bronzo, è quello a mezzo legno con asportazione di materiale da un solo lato.
Per tutta la lunghezza di contatto delle travi viene inoltre fresato un incastro a maschio e femmina, per aumentare la tenuta, nel quale viene inserita una guarnizione elastica. Le travi in una parete assolvono sia funzione portante, di irrigidimento e di chiusura. Non vengono usati viti o chiodi per collegare e fissare le travi bensì cavicchi di legno duro.
Fotografie: